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martedì 11 settembre 2012

Voglia di tenerezza


Voglia di tenerezza

Stanotte non è come sempre, non so perché.  La voglia di mangiarlo, di toccarlo dopo mesi che non lo vedo oggi non ce l’ho, che strano. Sarà questo caldo umido che ti appiccica i vestiti … questa indolenza che mi mette addosso l’agosto. Però come al solito non arriviamo neanche a casa… si ferma al nostro  posticino segreto, così come lo chiama lui.  Mi ritrovo subito con il suo cazzo in gola e la sua mano che mi spinge la testa. Oddio mi viene da vomitare… la fetta di anguria che ho mangiato un’ora fa si riaffaccia alla bocca dello stomaco.  Dovevo pensarci prima. Cazzo è passato tanto tempo che non ricordo neanche più come si fa un pompino? O è il suo cazzo così grosso che non so più come gestirlo. Le mandibole mi fanno male, sono scomoda dentro questa macchina minuscola e poi fa caldo … sento un rivolo di sudore che mi scorre tra i seni.  Mi tira i capelli che ho legato con un mollettone e mi fa male.
-          Ahia!- Si ferma un attimo però poi riprende  a tirarmeli.
-          AHIA!.
Pausa. Respiro.
-          Non so più fare pompini! Non ce la faccio, mi viene da vomitare. Ma cosa hai fatto, ti è cresciuto?

Ride appoggiato allo schienale  con la patta aperta. Il suo cazzo eretto ancora umido della mia saliva.

-          Ah ma che fai te ne dimentichi? Me lo dici tutte le volte! E’ sempre lo stesso, non lo riconosci?

Vorrei dirgli che non me lo dimentico, ma quando nel frattempo ne vedo altri beh mi devo sempre riabituare a lui. Ma lo sa, non c’è bisogno di dirglielo. D’altronde anche lui lo fa. E poi adesso  è qui con me, appena tornato e già con il suo cazzo nella mia bocca.
-          Dai usciamo, qui si muore dal caldo.- dici aprendo la portiera con una mano e chiudendo la cerniera con l’altra.

La nostra piccola grande perversione, il parco sotto casa. E’ buio e una leggera brezza ci ristora durante la passeggiata. Conosco questo posto come le mie tasche. Ci vengo a passeggiare con i nipoti e a fare le pazzie con lui, come sulla nostra panchina. La tenue luce dei lampioni sul piazzale antistante ci rischiara la strada, ma potrei camminare anche al buio.  Apre il  cancelletto di legno che chiude la recinzione dell’area giochi dei bambini.
-          No, li dentro no. Dove vanno i bambini no.-

Mi sembra quasi una profanazione.  Quando poi la mattina, alla luce del sole scorgo quei sacchettini bianchi accartocciati in terra ho una sensazione di schifo. Ma che cazzo almeno buttateli via no? Vai a spiegare ai bambini che non sono palloncini e perché non devono toccarli.
Però come sempre riesce a farmi fare tutto quello che vuole. Mi fa sedere su non so che cavolo di attrezzo instabile che si muove sotto il mio culo mentre si apre nuovamente la cerniera di fronte a me. Va decisamente meglio come posizione.  Ah meno male, non ho perso del tutto la mano. O dovrei dire la bocca? Mi piace starmene così  in basso mentre è  in piedi, e ogni tanto lanciargli uno sguardo dritto dritto dentro i tuoi occhi scuri. Mi guarda  mentre lo ingoio, lo insalivo per bene e mi prende i capelli tirandoli verso l’alto. Mi ha tolto il mollettone ora, fa una coda prendendo per bene tutta la mia massa di  capelli dentro il palmo della sua mano.  Mi dà sicurezza questo tuo gesto, sei sempre tu. Ora ti riconosco.

-          Vieni  spostiamoci- mi prende la mano e mi aiuta ad alzarmi. Si avvicina allo scivolo e mi fa appoggiare con le mani proprio sulla scaletta, mentre  rimane dietro di me.

-          Ma dai proprio qui! –

-          Sssshhh – Mi solleva la gonna e mi trova senza gli slip, come mi aveva chiesto.  Mi dà un colpo secco e fragoroso sulle natiche e poi sento la sua mano che scivola in basso, nel solco già umido. Le sue dita mi aprono, entrano dentro di me  senza nessuna fatica

-          Sei fradicia… ora aspetta qui… rimani così…

Ora ti voglio ti voglio ti voglio dentro di me, nel mio culo dentro a farmi male. Non sento più il caldo, i conati di vomito e il timore che qualcuno ci guardi. Voglio il tuo cazzo. Ora.

Sento il rumore della carta del preservativo, mi apri ancora di più le gambe.

-          EH NO CAZZO, NON SI PUO?!

Mi strattoni con forza prendendomi la mano e allontanandomi da li.

-          Ma cosa c’è? cosa succede?? Mi vuoi dire che è successo?? - Arranco con i miei tacchi dietro di te mentre fai luce sul terreno con la torcia del telefonino.

-          Ci hanno fatto una foto!

-          COOOSAAA??!!
(continua....)

giovedì 6 settembre 2012

Segni



Un anello simile a questo mi fu regalato poco più di venti anni fa da quello che di li a poco sarebbe diventato mio marito.  Era un  anello simbolico, con le teste di due animali mitologici intrecciate fra loro, e una bella pietra blu. L’anello venne lavorato a mano da una mia amica di infanzia che utilizzò anche l’oro della fede di mio padre.
Qualcuno mi mise in guardia: porta male quell’oro! Non utilizzarlo! E solo perché i miei si erano separati, che sciocchezza! Io naturalmente  non ne volli sapere… testarda lo sono sempre stata fin da bambina, e spesso il mio  spirito ribelle mi portava a fare proprio quello che mi avevano proibito.

E così poco prima delle nozze io e il mio futuro sposo ce ne stavamo nella casa di campagna di mio padre, a rilassarci dopo lo stress dei preparativi  anche perché il matrimonio sarebbe stato celebrato proprio lì, e non nella nostra città di residenza.
Ho l’abitudine di togliermi tutti gli anelli e i gioielli quando sono in casa,cosa che più tardi avrei fatto anche con la mia fede, motivo per cui dopo dieci anni di matrimonio non ho alcun segno all’anulare sinistro…
Insomma, mentre eravamo in casa questo anello, che a me pareva avere riposto sul comodino, sparì! Ero sicura che non era uscito da quelle mura, abbiamo messo sottosopra tutta la camera da letto, ma niente! Naturalmente lui si incazzò non poco…  pareva quasi un segno del destino, l’anello di fidanzamento che non arriva al giorno delle nozze!

A fine agosto, se fossi stata ancora sposata avrei festeggiato venti anni di matrimonio. Ci ho pensato naturalmente, come dimenticare quella data? E ho pensato anche a lui, per giorni.
Lunedì scorso chiamo mio padre che si trova in quella casa insieme a mia sorella e ai miei nipoti.

Appena mi  sente mi dice: - Ah, lo dico anche a te ormai l’ho detto a tutti: ho trovato un anello e…
A queste parole mi balza  il cuore in petto. La descrizione corrisponde esattamente a quella del mio anello perso venti anni fa. Era rimasto sotto il cuscino di una poltrona per venti anni!!

-          Scusa, ti ricordi per caso in che giorno l’hai trovato? Perché lo sai che il 29 agosto sarebbero stati venti anni di matrimonio?

-          Ah non mi ricordo, si forse era proprio venerdì. L’hanno trovato i bambini… Beh non sei contenta, questo è un segno!
Si indubbiamente è un segno, non riesco a capire di cosa, ma la storia ha dell’incredibile anche perché quella poltrona ha un rivestimento che è stato lavato diverse volte.

Ieri quando ho visto mio nipote gli ho chiesto dettagli e senza che lui sapesse di quella storia:
-          Che giorno era quando l’hai trovato?

-          Il 29, lo ricordo perché eravamo appena arrivati. Ero scomodo su quella poltrona, il cuscino scivolava e così l’ho alzato. Sai che non si poteva perché è cucito e… sotto c’era quell’anello.
Chissà che significa questo ritrovamento, forse un cerchio che si è chiuso… proprio come quell’anello.

1982-1992-2012

tdx